Il santuario mariano di Castelmonte sorge sulla cima di un monte alto 618 metri sul livello del mare, nella catena delle Prealpi Giulie, a 9 chilometri da Cividale del Friuli, e a circa 25 chilometri da Udine.
Il luogo fu originariamente una postazione militare romana. La fondazione del santuario è probabilmente molto remota: alcuni indizi riportano ad un sacello, forse dei secoli V-VII.
Tenuto conto che, sin dalla sua nascita, Castelmonte si trovò nella sfera d'influenza del Patriarcato d'Aquileia, caratterizzato da singolare fervore mariano, è verosimile l'ipotesi che soldati romani cristiani della guarnigione di Cividale (allora "Forum Julii"), o contadini che si erano rifugiati sulla cima del monte in occasione di qualche scorribanda compiuta, o semplicemente temuta, da parte di barbari venuti da est, abbiano portato lassù segni della loro fede e della loro devozione in un contesto nel quale il culto mariano s'intrecciava con quello di san Michele arcangelo (la cripta del santuario è dedicata, infatti, all'Arcangelo guerriero). A san Michele, poi, era particolarmente devota la prima Chiesa apostolica e i longobardi, giunti a Cividale nel 568, elessero l'arcangelo Michele a loro patrono. Queste remote origini fanno di Castelmonte uno dei più antichi santuari mariani del nord-est d'Italia.
Si può pensare che già dai tempi dei longobardi e dei franchi, ossia dal VI al IX secolo, pellegrini cristiani si recassero numerosi a Castelmonte dal momento che un documento del 1244 presenta Castelmonte già pervenuta ad un notevole splendore: la chiesa di "Santa Maria del Monte" era in quel tempo una delle più importanti di tutto l'esteso Patriarcato di Aquileia.
Purtroppo la documentazione scritta è piuttosto tardiva rispetto al periodo in cui si pensa iniziasse una devozione mariana a Castelmonte; il primo documento che nomina casualmente "Santa Maria del Monte", per una questione di confini, è datato 18 maggio 1175. Il secondo documento, in ordine di antichità, giunto a noi, è quello appena sopra citato: esso porta la data del 20 dicembre 1244; a quel tempo il santuario era considerato come un presidio sicuro, una rocca circonfusa da segni manifesti della protezione di Maria.
Per questo motivo si può ritenere che la leggenda, con cui inizia queste breve guida, abbia in qualche modo sublimato la memoria collettiva delle terribili invasioni barbariche. Le preghiere d'intercessione alla Vergine e la strenua difesa del monte fecero da allora considerare Castelmonte luogo sacro a Maria e fortezza inviolabile a difesa della sottostante pianura.
Nel 1253 il santuario, già fortificato e custodito con le armi a protezione dei pellegrini e ingrandito fino a diventare un borgo, passò in proprietà al Capitolo di Santa Maria Assunta in Cividale: risale a quel periodo la costruzione di un portico davanti alla chiesa per il ricovero dei pellegrini.
Altri lavori nella chiesa si resero necessari nella metà del XIV e nei primi decenni del XV secolo per adeguare il santuario alle esigenze di un flusso sempre crescente di fedeli e per rafforzare le strutture difensive contro i turchi. Il luogo, comunque, non fu mai sottoposto ad assedi. L'unica porta del borgo era chiusa la sera ma soltanto per impedire l'ingresso di ladri e di bande di malfattori che si aggiravano numerosi in quelle solitarie terre di confine. La porta che guarda ad est è detta di Pocacilla, dallo sloveno Poklecila, che significa "inginocchiatoio", infatti, una pietra di questa forma, dove i pellegrini sostavano in preghiera, si trovava nelle vicinanze. Popolazioni slave si erano insediate nella zona sin dall'VIII secolo.
Il 21 settembre 1469 un fulmine di inaudita potenza si abbatté sulla cima del monte facendo crollare il campanile e gran parte della chiesa; si sviluppò quindi un furioso incendio che ridusse in cenere l'antica effigie della Vergine qui venerata e ridusse in rovine tutto il santuario. Per volere delle popolazioni vicine e per decisione dei Canonici di Cividale si iniziò immediatamente la ricostruzione dell'intero complesso. La ricostruzione poté dirsi completata nel 1479, anno in cui si concluse anche la pace fra l'impero ottomano e Venezia. Queste due ricorrenze fecero sì che l'8 settembre 1479 si ebbe a Castelmonte un "grande perdono", con la partecipazione di tantissimi pellegrini.
Gli storici ritengono che, proprio in occasione di questo "grande perdono", sia stata intronizzata e benedetta la statua in pietra della "Madonna viva", venerata tuttora a Castelmonte. La statua, scolpita in pietra, risale ai primi decenni del Quattrocento ed è opera di un artigiano probabilmente locale nei modi della Scuola salisburghese.
Altre vicende sono iscritte nella secolare storia del santuario: come i terremoti del 1511 e del 1513 che comportarono un ampio rifacimento della navata della chiesa e del suo pavimento.
Verso la metà del Cinquecento, Giovanni da Udine, adempiendo un voto, eseguì gli stucchi per la cappella della Madonna, rimossi alla fine di quel secolo e, secondo alcuni studiosi, la decorazione della cripta di san Michele, cancellata da ridipinture e dalla trasformazione, fra il 1954 e il 1964, della cripta stessa in "chiesa inferiore".
Alla Vergine di Castelmonte il patriarca Francesco Barbaro (1593-1616) attribuì la preservazione del Friuli dal protestantesimo, che aveva invece dilagato in altre regioni. Nel 1647 mastro Iseppo Cantinella da Cividale diede inizio alla ricostruzione delle mura castellane. Dal 1724 al 1728 furono ampliati e riformati i dormitori per i pellegrini. Nel 1732, su disegno di Francesco Andrioli, il mastro G. Batta Vincenzutto diede inizio ai lavori di allungamento della chiesa e del nuovo coro.
Una data storica per Castelmonte è quella del 15 maggio 1744; in quel giorno il patriarca di Aquileia Daniele Delfino procedette alla consacrazione della chiesa, profondamente rinnovata nella navata. In tale circostanza, il concorso dei pellegrini fu particolarmente numeroso. Un avvenimento importante del Settecento - di cui in seguito andò quasi svanita la memoria - fu l'aggregazione del santuario alla basilica di Santa Maria Maggiore in Roma, decretata da quel Capitolo, il 15 dicembre 1748. In virtù di questa aggregazione il santuario venne ammesso a partecipare di tutte le grazie, indulgenze, indulti e privilegi propri della basilica romana.
Nel 1913 l'allora arcivescovo di Udine, mons. Anastasio Rossi, affidò la cura del santuario ai Frati Cappuccini. Il primo custode cappuccino fu p. Eleuterio da Rovigo che vi giunse a 38 anni, il 6 settembre 1913, e vi morì nel 1935. Grazie al suo interessamento, il borgo di Castelmonte fu raggiunto dalla rete elettrica (nel 1927), ottenne la scuola elementare e l'ufficio postale. Durante la prima guerra mondiale il santuario si trovò vicinissimo ai sanguinosi campi di battaglia. Il confine correva lungo il fiume Judrio, che l'esercito italiano superò attestandosi sull'Isonzo. Dopo la rotta di Caporetto, le cronache registrano un deplorevole episodio di profanazione del santuario. Erano tempi disperati.
Al termine del conflitto, con la ricostruzione riprese anche la vita religiosa. Memorabile il pellegrinaggio del 3 settembre 1922, quando la statua venne incoronata.
Durante la seconda guerra mondiale, Castelmonte venne fatta due volte bersaglio dei cannoni tedeschi, il 6 e il 18 novembre 1943, a causa di reparti partigiani che vi si ritenevano annidati. La seconda volta il bombardamento non durò a lungo perché la culatta di un cannone scoppiò quasi subito uccidendo un tedesco. La popolazione e i Cappuccini si erano rifugiati nella cripta dove era stata portata anche la statua, che vi rimase per un anno e mezzo. Il 5 luglio 1945, dopo un solenne pontificale, venne riportata nella sua nicchia che nel frattempo era stata ingrandita e abbellita con l'aggiunta di un mosaico.
Tra la fine degli anni '40 e gli anni '80 del secolo scorso il complesso assunse la configurazione attuale: nel 1930 la facciata della chiesa subì un profondo rifacimento, mentre il campanile, del 1475, già modificato nel XVII secolo, ebbe altre tre sopraelevazioni, l'ultima delle quali nel 1954. Vanno annotati pure l'inaugurazione dell'acquedotto, la sistemazione della gradinata, l'erezione della Croce luminosa sul colle del Campuc, lo scavo del grande parcheggio nel dorso della montagna e l'installazione dell'ascensore per i pellegrini.
Il terremoto del maggio e settembre 1976 squassò il Friuli causando mille morti. I frati di Castelmonte proposero un pellegrinaggio al santuario, per propiziare la ricostruzione materiale e morale di quelle terre. Da allora l'8 settembre di ogni anno vede migliaia di devoti, guidati dall'arcivescovo di Udine, salire a piedi lassù per ringraziare la Madre di Dio e implorarne la protezione.